ARTE:
Testo di Cynthia Penna
Foto. Per la gentile concessione di Max Coppeta
La Reggia di Caserta, un gioiello dell’architettura Vanvitelliana di metà ‘700, presta la sua bellezza per accogliere nelle sue sale un’opera d’arte contemporanea di un artista che ha centrato la sua ricerca sui concetti di fluidità, movimento, tempo e finzione.
L’omaggio di Max Coppeta è dedicato al secolo dei lumi , al secolo in cui si andò sviluppando un enorme flusso di energia creativa sotto l’egida di Reali illuminati come Carlo di Borbone.
Non solo arte, ma ingegneria, scoperte in campo biologico, nel settore della fisica e della chimica: la Reggia di Caserta rappresenta tutto ciò; una fusione tra arte, scienza e cultura che Coppeta ha colto mirabilmente interagendo col sito storico attraverso un’opera che attiene sì all’arte, ma che attiene al contempo anche alla Scienza. Una calibratissima fusione tra Arte e Scienza in un’opera che è in parte cinetica, in parte geometrica, matematica e soprattutto estetica, di quell’estetica che provoca emozione pura.
Emozione nel visualizzare una scoperta, emozione nel vedere la bellezza di un manufatto, emozione nell’accedere ad una scoperta scientifica. Tutto è emozione e Coppeta sa come attivare quest’emozione.
FLOW è una invenzione artistica che si poggia su principi matematici e fisici: rapporti precisi di forze fanno sì che la “barra di vetro” su cui poggia la goccia di “pioggia sintetica” possa oscillare su un supporto di acciaio sapientemente concepito per fare da contrappeso alla stessa barra. Un arco di acciaio che interseca in un solo punto un parallelepipedo di vetro; fin qui siamo nel campo della geometria e della fisica; la lastra di vetro, in posizione statica, conterrà l’allineamento preciso delle “gocce di pioggia” attraverso cui penetra la luce. Lo spettatore è invitato a guardare “dentro” e attraverso queste gocce allineate e a scoprire tutto quello che traspare da esse : il mondo circostante inglobato in una piccola goccia di liquido inondata dalla luce.
Ma l’opera di Coppeta subisce una vera metamorfosi nel momento in cui viene “attivata” dallo stesso spettatore con il movimento della mano nel senso che, attivato manualmente, il parallelepipedo di vetro, oscillerà in un moto ritmico e costante che si andrà a ridurre man mano col passare del tempo fino ad esaurirsi. In tale situazione la percezione dell’opera, del contesto, del movimento e della luce si trasformano in una percezione sensoriale più completa e complessa: la luce viene riflessa dal vetro e dalle gocce di materiale sintetico, colpisce l’occhio umano e attiva una percezione di senso che ipnotizza la visione.
L’ipnosi si decuplica a causa del moto ritmico e costante delle sbarre di vetro, un moto simile a quello che si percepisce quando si viene cullati, o simile a quello del metronomo che scandisce e misura il tempo musicale, o a quello di un pendolo.
Il movimento basculante ritmico e costante diventa di per sé ipnotico; l’occhio viene catturato e in maniera incontrollata il cervello subisce e si abbandona a questo moto e al flusso temporale che ne deriva. Ecco introdotto il concetto di “tempo”: flusso temporale, scansione temporale ritmica che è anche scorrimento ininterrotto di attimi temporali che si susseguono come nei frames delle pellicole cinematografiche.
I due concetti di tempo e moto convergono nel medesimo atto dello scorrere: lo scorrere di quel flusso di energia che si esteriorizza in energia creativa di bellezza. Questi i temi della ricerca artistica del maestro: tempo, moto, trasparenza, luce, materiale sintetico e materiale naturale, rapporto spazio temporale.
La medesima energia che fu posta a base della costruzione dell’acquedotto Carolino concepito e realizzato per fornire acqua alle filande delle seterie di San Leucio e per promuovere una sperimentazione biologica di crescita e sviluppo di piante tropicali in contesto Mediterraneo, si riflette nell’energia emanante dall’opera attraverso il movimento e la riflessione della luce.
Il flusso di energia creativa che irruppe nella corte di Carlo di Borbone e che aprì la strada al progresso e alle scoperte scientifiche del ‘700 viene oggi riscoperto in chiave contemporanea.
E proprio a questo flusso di energia è dedicata l’opera di Coppeta che attraverso l’arte, l’invenzione scenografica e concettuale, attraverso una finzione , irrompe con le sue gocce di materiale sintetico, di acqua irreale, di sovvertimento del principio di gravità, attraverso appunto una “irrealtà”, all’interno della Reggia di Caserta.
L’opera di Coppeta si incentra su un solido rapporto tra reale e fittizio; l’arte è finzione, è simulazione del reale; le piogge sintetiche non “cadono” dall’alto, ma paiono fissate nel vuoto e sovvertono i principi di gravità della caduta di un liquido verso il basso. Piogge “sintetiche” perché nello stesso materiale di cui son fatte, simulano la realtà dell’acqua ma non sono acqua. Un liquido apparentemente bloccato, fissato su una superficie verticale come il fotogramma di una pellicola che fissa per sempre un movimento nell’attimo della sua azione. Tentativo di immobilizzare un flusso di liquido che scorre; questa è finzione, è scenografia dell’impossibile, è cinema: in una parola: è Arte .
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